Tesse Penelope parole

Duende poesia:

Tesse Penelope parole - Giuliana Sanvitale

15,00euro - pp.190

Non potendo asserire che era ora che tornassi alla Poesia, dal momento che ho continuato a nutrirmene ininterrottamente, dirò che finalmente ho deciso di ordinare il cospicuo materiale che si era andato sedimentando, dandogli una veste che rispondesse a determinati temi.
Il lettore che amerà seguirmi ancora una volta non tarderà a riconoscere lo scavo interiore, la scelta accurata delle parole, la loro musica sottesa, la presenza costante della Natura a farsi sfondo e cornice di quelle che oso chiamare Poesie e che mi auguro donino un momento di riflessione e illuminino lo sguardo di chi vorrà rendersene fruitore.

Giuliana Sanvitale

Recensione di Leonardo Vecchiotti apparsa su Foglio informativo-espressionistico della tradizione letteraria Anno XXVI 2014 n.2
“Con un sospiro quindi la cassa / tira del muto pettine a sé. / Muta la spola passa e ripassa.//, canta così, nella struggente
lirica “ La Tessitrice”, il grande Poeta Giovanni Pascoli. “Tesse Penelope parole”, titola la sua silloge Giuliana Sanvitale : ed il gioco della divina risonanza poetica continua la sua sempiterna rigenerazione.È risaputo che la Poesia non è solo un raffinato piacere, o, se si preferisce, un utile viatico conoscitivo; la Poesia è, come sosteneva Luigi Santucci “ un vaccino: un efficace antidoto contro le malizie e i guasti dell’esistenza; una sorta, di talismano contro disperazioni e capitolazioni; religiosamente
un “ non prevalebunt” [non prevarranno]. I presupposti dell’opera poetica di G. S., frutti maturi di mai esauste riflessioni e felici sperimentazioni nel metodo e nel merito, fanno emergere un ”labor limae” [lavoro di limatura], che prendendo le mosse da valutazioni, anche di ordine psicologico, individuano la convinzione che la Poesia, in ordine alla fenomenologia del testo è un’opera aperta e che ciascun uomo, in ragione del fatto di essere comunque perfettibile/educabile, potrà comprendere ed apprezzare i valori poetici sia pur nella misura delle sue reali possibilità; più semplicemente si potrebbe dire che il raccontare, il descrivere, l’informare, l’interpretare e l’argomentare poetico della Nostra Artista, non hanno mai avuto, non hanno e di
certo non avranno mai un significato unico ed ultimo: essi sproneranno con intelligenza l’impegno, guideranno la sensibilità emotiva finanche ad orizzonti imprevedibili, incentiveranno la perspicacia prospettando diversificazioni significative, agevoleranno larghi spazi di lettura anche con l’ausilio di elementi formali quali: le scelte operate sugli assi paradigmatico/sintagmatico, ma soprattutto contribuiranno a far emergere una visione più illuminante del già conosciuto. Possiamo concludere che il mondo lirico di G.S. pur partendo da una scelta tendenzialmente legata all’Astrazione Riflessivo- Naturalistica, o, se si preferisce alla ripresa “intus-ligente” di una mimesi del già espresso, attraverso la sua profondissima ed originale rielaborazione tecnico-artistica riesce a dare nuova linfa vitale all’idea stessa di fare Poesia, ma anche a ridefinire il ruolo di Poeta in una società sempre più caratterizzata da faciloneria sprovveduta e sciatta.

Recensione di Ferruccio Gemellaro
Appropriato il titolo della silloge omologante un’ideale Penelope, la quale tesse ripetutamente parole rinnovate da precedenti elaborazioni, nell’instancabile ricerca non solo di una caduca positività ma di una costruzione che finalmente definisca il tempo della propria felicità interiore. E lo scandisce così bene l’autrice nelle due strofe conclusive dei versi “E di viole l’olezzo”
\...\ e scavando depuri le ferite.
Parola che mi vivi dentro,
che ti adagi accanto,
che implodi, esplodi
e alfine mi sollevi
icona di verità, invitta
compagna dei miei sogni.
La poesia, d’altro canto, possiede le ali e plana nella coscienza del fruitore, lo conduce a intravedere la sua quotidianità in positivo. In “Danzano parole” il concetto non sfugge.
\...\ Giocano,
si rincorrono querule,
ora composte,
subito sfrenate
Bramano di primeggiare,
indossano ali di farfalla
per rendere lieve
il fardello del dolore \...\
Quando la poesia aleggia dentro l’autrice, ella ne avverte il continuo fruscio, talvolta insopportabile, si dispera impotente di non poterla estrarre per imprimerla sulla materia, la sente come una divina creatura lesa. Ecco che all’improvviso le accade di squarciare la barriera della solitudine, dell’oppressione, e finalmente ne raccoglie il seme che rimetterà ordine al caos. Una metafora sorprendente che esplode in epifonema nei versi “Un grano di poesia”.
\...\ e il mare era cielo e il cielo
dileguava in sogni, spezzava
orme di oscura realtà e
l’inondava di luce.
L’angelo ferito
disegnava arcobaleni di versi
rovesciando sulla terra
una tavolozza di colori poetici.
Mi chino nel vuoto e
raccolgo un grano di poesia.
Nella storia letteraria di Giuliana Sanvitale ricorrono gli angeli, sia in narrativa sia in poesia. Affermare che Angelo sia il padre, Angeli siano le persone amate varrebbe semplicemente addossarle il voler essere retore di un passato e, magari, di un presente, alle cui dimensioni lei ogni giorno attinge i cardini della propria esistenza. In verità, Angeli sono più profondamente le parole che sorgono a loro ricordo e come tali fluttuano nel suo grembo prima di spiccare il volo della tessitura letteraria.
Ed ecco che il tutto appare schiarito in questa sintesi dei versi “E i semi volano”.
Portati dal vento
i semi volano \...\
Che al primo tepore
si mutano in parole.
È allora che schiude
il suo canto
la Poesia.
Quanto detto ci conduce così alla definizione di una scrittrice, Giuliana Sanvitale, che davvero, e in maniera straordinaria, omologa nelle composizioni il suo essere donna madre di poesia, ma innanzitutto testimone di un magnifico mondo parallelo, dove la graziosità dell’Ordine ha voluto ci siano creature che rifuggono dai luoghi comuni.

Intervista di Carina Spurio a Giuliana Sanvitale ed al suo libro “Tesse Penelope parole” clicca QUI.